Inside Out è il capolavoro animato della Disney/Pixar firmato da Pete Docter.
Ma è prima di tutto un brillante saggio su una delle emozioni più complesse, controverse e rifiutate dall’umanità: la tristezza. Un’emozione che non solo percepiamo sbagliata ma che ci dimostra che abbiamo “fallito” nella vita… altrimenti dovremmo provare la sua antitesi: la gioia.
Un’emozione complessa
Gioia, paura, rabbia, disgusto e tristezza sono le emozioni primarie riproposte nel cult di Peter Docter con colori usati nella psicologia per identificare un’emozione da un punto di vista visivo. Non a caso se Gioia è la più definita con i suoi capelli azzurri e la pelle rosa, Tristezza è interamente blu: un colore associato da sempre a significati globali come “blue monday”.
Eppure come ci insegna Inside Out, la tristezza è l’unica e vera protagonista della storia di Riley, una bambina in costante balia di cinque emozioni che non riesce a comprendere. Un sentimento di mancanza o privazione che assume molteplici forme – dall’ansia alla frustrazione – ma che ci insegna prima di tutto a conoscere e comprendere le nostre necessità emotive.
Una rivoluzione animata
Quando si parla di cinema di animazione, per me esiste solo un nome: Pete Docter. L’unico vero autore che riesce a strapparmi il cuore con le sue storie profondamente ancorate tra dramma, realtà e psicologia. Un regista che crea mondi animati complessi, difficilmente decifrabili anche per i più grandi, ma che ci insegna tanto sul senso della vita.
Ed è proprio per questa sua natura geniale e rivoluzionaria che i suoi film vanno visti e analizzati più volte. Non a caso Inside Out è, ancora oggi, l’unico cartone animato che ci insegna l’importanza di essere tristi: un’emozione che fa paura ma che allo stesso tempo fa bene alimentando la creatività, sviluppando l’empatia e comprendendo tanto di noi in un periodo blu che ci aiuterà a formare un legame con la nostra emotività.