Da quasi un anno lavoro in smart working intervallando brevi pause settimanali in ufficio. Ma come è cambiata la nostra percezione del tempo dallo scoppio della pandemia di coronavirus?

Chi mi segue, sa benissimo che sono un giornalista. E questo articolo è dedicato solo e soltanto a chi, come me, ha la fortuna di poter lavorare ovunque con una buona connessione internet e un pc funzionante.

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Smart Working: prima del covid

Essere freelance significa gestire in autonomia il proprio lavoro. Una libertà che ha indubbiamente moltissimi pregi: parti quando vuoi, ti fermi quando vuoi, lavori quando vuoi… almeno sulla carta!

La vita da freelance è tutt’altro che leggera o riposante. La regola base è: più lavori, più guadagni. Quindi non ti fermi mai per non perdere nessuna possibilità lavorativa. 

Ho viaggiato tantissimo. Ho partecipato ai Festival Internazionali del Cinema più importanti del mondo. Ho intervistato grandi star. Ma a un certo punto mi sono stancato di essere un freelance.

QUANTO CI MANCA IL CINEMA?

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Vita da ufficio

Dopo quasi dieci anni da freelance, ho sentito il bisogno di stabilità. E così ho iniziato a collaborare con l’agenzia DPlace che mi ha permesso di espandere ulteriormente le mie competenze nel settore Entertainment collaborando con grandi brand come Eagle Pictures e curando la parte editoriale di National Geographic.

Un lavoro magnifico vissuto attraverso le classiche dinamiche di ufficio. Ovvero cinque giorni a settimana in sede dalle otto e trenta del mattino alle cinque e trenta del pomeriggio con tutte le classiche ripercussioni sociali della vita da dipendente: prima tra tutte, l’abbiocco dopo cena.

Ebbene sì, la vita da ufficio stanca. Non tanto per il carico di lavoro ma per l’impegno che ti costringe cinque giorni su sette fuori casa per dieci ore tra andata, ritorno e parcheggio. E quando finalmente torni a casa, vuoi solo andare a dormire… #chevitapiena!

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Smart Working: dopo il covid

La pandemia di coronavirus ha indubbiamente cambiato la nostra percezione del tempo. Da quasi un anno lavoro prevalentemente da casa con notevoli benefici nella quantità (e qualità) del lavoro svolto e un’ottima riduzione dello stress quotidiano. Risparmiarsi il traffico, le spese di benzina, la stanchezza fisica di una giornata fuori dalle mura domestiche e la noia di prepararsi il pranzo per il giorno dopo sono un ottimo incentivo a sorridere.

In tutto ciò National Geographic non è una passeggiata. E la mia lunga formazione da freelance è la mia salvezza. Ma la cosa che mi ha più stupito è che, pur lavorando nel weekend, a Pasqua e l’8 dicembre, sono meno stanco di quando andavo tutti i giorni in ufficio. 

Ma allora cosa è che stanca davvero? Che cosa ci rende davvero provati alla fine della giornata? Il lavoro in sé o lo stress di doversi recare in un luogo preciso cinque giorni su sette?

Ho sperimentato entrambi i lati della medaglia. E mi auguro di non fare più il freelance perché lavorare tutti i giorni da casa non è quello che voglio. Ma spero che la pandemia di coronavirus ci insegni che il mondo è cambiato e noi anche. E se possiamo fare un ottimo lavoro tra le mura domestiche, perché non possiamo scegliere dove lavorare e garantirci così del tempo di qualità?

Autore

Sono sufficienti poche parole per classificare il mio lavoro, diviso tra l’attenta redazione di approfondimenti su cinema, tv e musica e interviste a grandi personalità come Robert Downey Jr., Hugh Laurie, Tom Hiddleston e tanti altri.

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