Viviamo in una società egoista in cui è difficile essere felici per i successi altrui!Tutti pensiamo ai nostri desideri, alle nostre esigenze e, ovviamente, ai nostri successi che decantiamo durante le cene con gli “amici” o semplicemente raccontiamo a noi stessi per sentirci meglio.
Superata una soglia d’età e raggiunta la cosiddetta maturità pre-trenta, iniziamo a ragionare in modalità curriculum: “Io lavoro tot ore al giorno e guadagno tot al mese. E tu?”. Una sorta di incubo a occhi aperti che ci priva di quella libertà di essere persone prima di impiegati e liberi professionisti.
Ma trascendendo il vezzo di vantarci, il dubbio sorge dall’altra parte del fronte. Ovvero, quanto siamo felici per i successi altrui? Da Facebook dove postiamo immagini in cui siamo “fighi” e in situazioni “top” alla quotidianità dove raccontiamo i nostri successi e mai i nostri fallimenti, suscitiamo in chi ci ascolta un sentimento affine all’odio: l’invidia.
Ebbene sì, ci vuole coraggio ad ammetterlo ma spesso siamo invidiosi. Un pò perché siamo vittime di una società che non ci dà quello che meritiamo e un po’ perché sotto, sotto ci rode se qualcuno ha qualcosa che continua a sfuggirci.
Ma qual è la soluzione a un problema che inevitabilmente sfocia nell’autoanalisi? Che cosa dobbiamo fare per non provare odio per chi ha più talento o fortuna di noi? C’è chi, seguendo il classico “occhio non vede, cuore non duole” toglie il follow ai “vincenti” e chi incanala frustrazione fino a esplodere nel peggiore dei modi. Tradotto in termini semplici rimandiamo il problema a quando saremo “fighi” e potremo affrontare i nostri “avversari” a suon di successi. Sbagliato!
L’unico modo per sopravvivere a un contesto sociale dominato dall’auto-elogio è la sincera condivisione dei successi altrui. E soprattutto la reale comprensione che il trionfo di un amico non simboleggi la nostra inferiorità. Probabilmente non abbiamo avuto la giusta occasione o forse non siamo (ancora) pronti a coglierla. La rabbia e l’invidia, rendendoci ostili, ci allontanano da qualsiasi possibilità di auto-realizzazione! Un costo talmente alto da rendere la felicità per l’altro l’unica scelta possibile in un mondo di maschere e finzione.